Start up e PMI avranno vincoli più leggeri. Entro metà 2024 il Fondo da 600 milioni

Pmi meno vincolate, un fondo da 600 milioni

Data 12 dicembre 2023
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Il Sole 24 Ore

Argomenti Intelligenza artificialeAgIDStartup

Nelle settimane che hanno preceduto l'accordo europeo sull'AI Act il governo è apparso diviso. Da un lato il non paper firmato dal ministro Urso insieme a Francia e Germania che puntava all'autoregolamentazione sui modelli fondativi. Poi l'intervento al Consiglio Ue Tlc di Alessio Butti, sottosegretario a Palazzo Chigi per l'Innovazione, con focus su regole e sanzioni.

Sottosegretario, l'intesa raggiunta soddisfa in modo univoco il governo? A Bruxelles è stato raggiunto un importante accordo politico, tuttavia molti dettagli di natura tecnica, anche rilevanti, devono ancora essere definiti e lo saranno solo nelle prossime settimane nell'ambito di working group specializzati. Per questo il governo, lieto per il risultato nel suo complesso, resta prudente e continuerà a seguire con estrema attenzione i lavori legislativi che si protrarranno quanto meno fino al 2024 sotto la guida della Presidenza Belga. Peraltro, nel corso di un lungo bilaterale, ho avuto il piacere di confrontarmi con la ministra belga Petra De Sutter. Siamo però soddisfatti dell'impianto complessivo del regolamento AI, che mira a coniugare la salvaguardia dei diritti dei cittadini con la promozione dell'innovazione e dell'attività di impresa, in un settore dinamico ed in fortissima crescita.

Le startup italiane temono di essere imbrigliate da troppe regole. È una preoccupazione che condivide? Non si tratta di una regolamentazione indiscriminata per l'AI in generale. Il grosso delle nuove regole riguarderà, infatti, solo i sistemi AI ad alto rischio, quelli cioè che possono avere un impatto rilevante sulla vita e sui diritti delle persone. Detto questo, il regolamento AI è stato concepito, fin dall'inizio, tenendo conto del fatto che esistono già delle forti asimmetrie competitive nel mercato, e che quindi determinate regole vanno applicate anche tenendo conto delle dimensioni delle imprese. Ad esempio, il lavoro sui Foundation Models è basato proprio sul fatto che la regolamentazione più significativa si applicherà solo ai soggetti di maggiore rilievo nel mercato che, al momento, sono riferibili a giganti extra-europei. Inoltre, sono previste regole semplificate per le Pmi nell'ambito delle sandbox regolamentari e degli obblighi di documentazione. Anche le sanzioni sono inferiori per le Pmi. In conclusione, è stato fatto il possibile per venire incontro alle imprese.

La revisione della Strategia nazionale, da lei annunciata, dovrà essere coerente con l'AI Act. Può delineare le priorità? La redazione del nuovo testo della strategia nazionale per l'AI terrà conto delle disposizioni dell'AI Act per assicurare un allineamento completo. È previsto che venga chiusa entro il 31 gennaio 2024, con possibilità di un mese di prolungamento. Questo processo di revisione ci consentirà di adattare le nostre politiche e azioni nazionali alle norme e ai principi stabiliti a livello europeo, garantendo un approccio coerente e integrato alla gestione dell'intelligenza artificiale.

Il gruppo di 13 esperti che ha nominato è già al lavoro? C'è un coordinamento con il comitato guidato da Giuliano Amato? Quel Comitato è un "verticale" che si occupa di AI applicata all'editoria. Seguiamo con attenzione il loro lavoro e le proposte si muoveranno nel solco di quelle più ampie e di sistema promosse nell'ambito della Strategia AI e del relativo Comitato, i cui lavori sono ormai entrati nel vivo.

Conferma che in ambito nazionale il pivot sarà l'Agenzia del governo per l'Italia digitale? Non sarebbe più opportuno affidare le competenze a un'Autorità indipendente? Il governo deve ancora effettuare la propria scelta. È bene precisare che il sistema di governance del regolamento AI prevede la costituzione di autorità nazionali con compiti di sorveglianza del mercato (ai sensi del regolamento 1020/2019), ma non propriamente di regolazione, che rimarrà una competenza radicata a livello europeo su cui il governo italiano interverrà attraverso i propri rappresentanti. A livello nazionale, invece, la futura autorità italiana dovrà concentrarsi sulla supervisione dei sistemi AI immessi nel mercato, sulla sorveglianza degli enti certificatori, sulla compliance in generale e potrà inoltre coadiuvare il governo nelle iniziative di politica industriale.

Per tornare alle startup dell'AI, arriverà il Fondo di venture capital? In che tempi e con quante risorse? Il progetto del fondo di venture capital sull'intelligenza artificiale si trova in una fase avanzata di sviluppo e vede coinvolti il Dipartimento per la trasformazione digitale, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale e Cassa Depositi e Prestiti. Lo strumento finanziario sarà indirizzato alle start-up e alle PMI innovative attive nel settore dell'AI ed è previsto che arrivi a cubare oltre 600 milioni di euro. Sono al momento in corso le attività tecnico-amministrative strumentali alla costituzione del fondo e la sua entrata in esercizio è prevista nel corso del primo semestre del 2024.

Per una risposta al dominio americano la Francia punta su Mistral, la Germania su Aleph Alpha. C'è spazio per una startup italiana che lavori sull'AI generativa? Sì. Ritengo che il nostro Paese sia capace di giocare un ruolo da protagonista nello sviluppo di tecnologie generative basate sull'intelligenza artificiale: il tessuto nazionale composto da start-up, PMI innovative, centri di ricerca, Università e aziende ICT rappresenta una combinazione quasi unica nel panorama continentale e con grandi potenzialità. Sarà importante organizzare una strategia industriale che, oltre che collocare risorse finanziarie, sia progettata per incentivare le specializzazioni che verranno sviluppate nei prossimi anni in ambito AI. Il governo sta già lavorando ad una strategia nazionale che superi equivoci e manchevolezze del passato (politica industriale degna di essere definita tale). L'obiettivo è il superamento di una politica di mera adozione di soluzioni altrui. Dobbiamo, è vero, disporre di soluzioni altrui, ma dobbiamo anche produrne di nostre e valorizzare il rapporto tra mercato nazionale e le nostre università, che nel settore godono di un grande credito internazionale.