L'Ue ci ha chiesto di guidare il piano per un portafoglio It delle imprese
Il sottosegretario: «Un miliardo di investimenti per l'Ia, ma servono risorse dai privati»
LaVerità
Sottosegretario Butti, la svolta dei dazi ha dato un colpo ferale alla globalizzazione per come l'abbiamo conosciuta, in un mondo meno globalizzato che importanza assume avere una forte autonomia nello sviluppo dell'intelligenza artificiale?
«È fondamentale. L'autonomia strategica nell'intelligenza artificiale non è solo industriale, ma riguarda sovranità e competitività. Affidarsi a modelli esterni, spesso lontani dai nostri valori democratici, significa esporsi a rischi sistemici. Per questo, con l'Europa, stiamo costruendo una filiera la aperta ma autonoma. Il ddl Ia, approvato in Senato, prevede un miliardo di investimenti pubblici per sostenere un ecosistema nazionale solido, capace di attrarre capitali privati».
Dopo l'approvazione del ddl sull'Ia in Senato quali sono i prossimi passi?
«Dopo il via libera del Senato, il disegno di legge approderà alla Camera, dove proseguiremo il confronto costruttivo con tutte le forze politiche e gli stakeholder. Ma parallelamente, stiamo già lavorando ai decreti attuativi e alle linee guida per rendere effettivi i principi introdotti dal ddl. Il governo vuole creare un terreno fertile per la Ia con norme chiare, visione strategica, e strumenti che favoriscano l'innovazione».
Inutile girarci intorno, servono risorse. Sia a livello interno che Ue. Dove si prendono?
«Serve una strategia forte, che consenta all'Ue di non rimanere spettatrice. Per questo motivo, abbiamo chiesto alla Commissione di prevedere un grande fondo europeo per l'intelligenza artificiale, sul modello di quanto è stato fatto con i microchip. A livello nazionale, abbiamo già iniziato a mobilitare risorse attraverso vari strumenti, tra cui il Fondo per l'innovazione. Ma è chiaro che servirà continuità anche nei prossimi anni, con una visione industriale di lungo periodo».
A proposito di risorse: in questo momento l'Europa sembra dare la priorità al riarmo. È d'accordo?
«Difesa e tecnologia sono facce della stessa medaglia: non c'è sicurezza senza innovazione, né innovazione senza visione strategica. Gli investimenti in difesa generano spesso ricadute utili anche al civile, come dimostra il lavoro del ministro Crosetto. Puntiamo a valorizzare le tecnologie dual use e a creare sinergie che traducano ogni euro speso in sicurezza anche in occupazione e competitività».
A questo proposito come procede lo sviluppo dell'identità digitale?
«Lo sviluppo dell'identità digitale è uno dei pilastri della nostra strategia. Abbiamo raggiunto con due anni di anticipo gli obiettivi Pnrr, e con l'IT Wallet - che anticipa il modello europeo - abbiamo fatto un passo ulteriore: quasi 5 milioni di italiani lo hanno già caricato su App IO. Anche la grande crescita della Carte elettronica, che ha superato i so milioni di emissioni, è la prova che i cittadini sono pronti a usare strumenti digitali semplici e sicuri. L'Europa, apprezzando il nostro lavoro, ci ha chiesto di guidare il progetto "wallet per le imprese", una bella soddisfazione».
Il Fascicolo Sanitario Elettronico fa parte dello stesso pacchetto. Perché è più difficile fare innovazione nella sanità?
«Perché si toccano dati sensibili e diversi interessi. Con il Fascicolo stiamo facendo passi concreti, sostenuti dal Pnrr e certificati dall'Ue, partendo dalla valorizzazione del dato nella ricerca sanitaria, divenuto bene di rilevante interesse pubblico. Nel Digital Decade Report il nostro punteggio in e-Health è salito dal 72 all'83%, superando la media Ue. In Lombardia, stiamo sperimentando la gestione delle prenotazioni sanitarie direttamente da App IO. Sarà importante potenziare l'uso effettivo dell'app, perché non basta il solo download. In Liguria e in altre Regioni sperimenteremo l'uso dell'AI per migliorare la gestione delle liste d'attesa».
Complessivamente, per i vostri progetti, a quanti fondi del Pnrr attingerete?
«Solo sulla digitalizzazione della Pa e dei servizi pubblici parliamo di oltre 6 miliardi di euro. Ma non ci fermiamo al Pnrr: stiamo già pianificando la fase post-2o26, perché l'innovazione non finisce con il Piano di Ripresa e Resilienza».
Il tema Musk è ineludibile. Lei non ha competenza sul contratto per la Difesa ma Starlink può tornare utile anche per portare la connessione ultra veloce nelle aree grigie e bianche. A che punto siamo?
«Vogliamo che entro il 2026 tutte le famiglie italiane possano avere accesso a una connessione di qualità. La fibra rimane la spina dorsale della connettività, mentre la tecnologia satellitare è complementare, utile soprattutto nelle aree più remote. Il pilot per la connettività satellitare in Lombardia ci darà i dati e le informazioni necessarie a valutare questo strumento. Ad ogni modo, ci sono già altre regioni che chiedono aiuto in questo tipo di sperimentazione».
Ultima su Tim che sembra rivedere la luce. Che idea si è fatto dell'ingresso di Poste Auspica che ci sia l'ingresso anche di Iliad?
«L'ingresso di Poste dimostra che ilPaese può contare su attori industriali solidi. L'Itaha ha intelligentemente separato la rete dai servizi, cosa che accadrà anche nel resto d'Europa prima o poi. Su Iliad aspettiamo, vediamo quali saranno gli sviluppi».