Intervista del Sottosegretario Butti a "la Repubblica"

Allo Stato la guida e il controllo dell'IA

Data 09 novembre 2023
Fonte

la Repubblica

Argomenti Intelligenza artificialeDigital WalletCarta d’Identità Elettronica

Quanto sia importante l'intelligenza artificiale non lo scopriamo oggi. L'attenzione del governo per questa tecnologia che permea molte delle nostre applicazioni quotidiane, nasce principalmente dalla necessità di colmare il gap nel settore dell'IA che l'Italia ha accumulato negli ultimi vent'anni. Questo divario è stato amplificato dalla mancanza di strategie industriali volte a promuovere l'innovazione e a rafforzare un ecosistema di imprese nazionali nel campo dell'IA. Questa lacuna ha anche influenzato la connessione tra mercato, università e ricerca. Un dato su tutti? Il mercato annuale dell'intelligenza artificiale italiana è del tutto irrisorio e consiste in circa 500 milioni di euro". Inizia così la conversazione con Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'innovazione tecnologica.

Senatore Butti, è anche per invertire la rotta che ha da poco nominato i tecnici del comitato sull'IA?

Abbiamo costituito un comitato di 13 esperti, coordinato dal prof. Gianluigi Greco, presidente dell'Associazione Italiana di Intelligenza Artificiale e composto da nomi di assoluto rilievo nel settore come Paolo Benanti, unico italiano inserito nel New Artificial Intelligence Advisory Board dell'ONU. Il suo compito sarà quello di sostenere l'aggiornamento delle strategie del governo sull'intelligenza artificiale.

Come lo farà?

Con incontri e audizioni, coinvolgendo imprese, enti di ricerca, enti territoriali, altre amministrazioni ed esperti. Dobbiamo adottare politiche che valorizzino le competenze e le imprese italiane di IA, intensifichino la collaborazione con università e centri di ricerca, garantiscano la protezione dei dati e consentano di trattenere i talenti che si occupano dei IA nel nostro Paese. Ricordo che portare un ragazzo alla laurea costa alla famiglia e allo Stato non meno di 170.000 euro. Formare un giovane per poi vederlo scappare all'estero rappresenta una perdita umana e professionale da evitare a tutti i costi.

C'è una relazione tra questo e il comitato sull'Intelligenza artificiale per l'editoria di cui si è parlato molto in queste settimane?

Il comitato costituito presso l'ufficio del Sottosegretario all'editoria ha una missione verticale di indagine sulle applicazioni di IA nella produzione di fake news e sul modo di usarla per contrastarne la diffusione.

La nomina di Giuliano Amato ha suscitato diverse polemiche. Lei che idea si è fatto?

Sono scelte altrui sulle quali non esprimo giudizi. Ma ripeto, in quel caso è una missione molto verticale. Il nostro deve essere un approccio a tutto tondo.

Condivide l'urgenza di regolare l'IA?

La pervasività di questa tecnologia è straordinaria e porta con sé sfide significative. Il suo impatto trasformerà molti aspetti delle nostre società attuali: dal lavoro alla salute, dall'istruzione e oltre. Ma, soprattutto, rivoluzionerà il nostro modo di percepire il mondo. Non sono daccordo con chi pensa che sia una moda passeggera. L'IA possiede un potenziale colossale. Dovremmo mirare a utilizzarla per arricchire il nostro mondo, invece di limitarci a domare o esaurire le sue capacità. Abbiamo un dovere verso le future generazioni.

Lasciarne gli sviluppi solo ai privati è un rischio?

L'IA non dovrebbe essere monopolizzata da un ristretto gruppo di grandi aziende che ne dominano l'evoluzione. In linea con le indicazioni europee, ritengo che un ruolo cruciale sarà svolto dalle autorità di regolamentazione, incaricate di definire le linee guida per l'IA. Ho condiviso le mie considerazioni dettagliate col Presidente Meloni, che determinerà la direzione da seguire. Ma dobbiamo riconoscere che gli Stati non detengono un controllo assoluto rispetto a queste potenti multinazionali, alcune delle quali hanno una portata che supera quella di intere nazioni. L'IA non è come la valigetta del nucleare che segue un Capo di Stato. E più diffusa e distribuita.

Quale approccio si dovrebbe seguire allora?

Sono convinto che la soluzione ottimale sia creare forum internazionali che facilitino la collaborazione tra Stati e principali aziende del settore, europee, americane o asiatiche che siano. Del resto il presidente Meloni, che guiderà il prossimo G7, ha idee molto chiare su questo tema. Lo Stato controllore e guida di uno sviluppo tecnologico sano, e cioè rispettoso dei diritti. Riprendo un classico del settore, il libro di Marianna Mazzucato Lo Stato innovatore, in cui si espone una tesi affascinante: quella per cui il pubblico è Stato e deve continuare a essere motore e faro di qualsiasi innovazione. Si tratta quindi di garantire un supporto pubblico all'investimento e alla sperimentazione dei privati, e contestualmente anche un controllo del rispetto dei diritti.

Il governo ha deciso che sarà Torino la città in cui nascerà il centro nazionale per l'IA.

Il centro di Torino sarà fondamentale per applicazioni che riguarderanno essenzialmente l'uso delle IA da parte di segmenti del mondo dell'impresa, in particolare automotive e aerospazio. Mi sembra un destino quasi naturale. Molti mesi fa Torino fu al centro dell'attenzione come sede per l'avvio di un centro di ricerca sull'IA nella mobilità, in considerazione delle radici industriali della città. Il mio Dipartimento sta sperimentando moltissimo sulla mobilità. Sull'intelligenza artificiale il governo sta muovendo i primi passi, ma sono passi decisi e veloci.

Cie, Spid... Qual è il futuro dell'identità digitale?

Il futuro dell'identità digitale per i Paesi europei vedrà l'interoperabilità tra diversi wallet nazionali. l'Italia sta anticipando questo percorso con l'IT Wallet, che sarà disponibile dal 2024. Dal 2026, l'Italia avrà razionalizzato gli schemi nazionali esistenti e sarà possibile attivare il wallet attraverso uno strumento di identificazione forte verificato dallo Stato italiano, come la CIE.

Sul Pnrr ha dichiarato che l'Italia è in linea con gli obiettivi, ma che sulla connettività si sta facendo fatica.

In questo campo sono stati accumulati - da chi ci ha preceduto - ritardi su progetti avviati ben prima del PNRR, ad esempio l'estensione della copertura in fibranelle cosiddette aree bianche del Paese, quelle zone senza attrattività commerciale. In questi territori, l'operatore `pubblico' ha registrato notevoli ritardi negli ultimi anni, segnali di allarme che i governi precedenti non hanno adeguatamente riconosciuto o affrontato. Anche se, si obietterà, le aree bianche non sono finanziate dal PNRR. Ma se passiamo alle aree grigie, finanziate coi soldi del Next Generation EU, sia TIM sia Open Fiber registrano ritardi oggettivi, ai quali questo governo vuole porre rimedio. Spesso si indicano fattori di intralcio come l'aumento dei costi di energia o la mancanza di mano d'opera. Ma a ben vedere ciascuna di queste ragioni era ben nota, sia all'autorità politica sia agli aggiudicatari, al momento delle assegnazioni dei lavori. Occorre recuperare e i soggetti interessati, da noi sollecitati, stanno offrendo segni precisi di controtendenza. In questo momento sono fiducioso.

Si riuscirà ad avere entro il 2026 una copertura in fibra ottica su tutto il territorio nazionale?

L'obiettivo è garantire una copertura totale entro il 2026. Tuttavia avere la fibra non significa automaticamente avere una connessione superveloce. Anche una rete in fibra può presentare ostacoli e colli di bottiglia. Per superarli è essenziale adottare soluzioni di Edge Computing, che possono anche ridurre i costi per gli operatori del 60%. Proprio per questo abbiamo previsto incentivi per le applicazioni di Edge Computing nella recente Strategia italiana per la banda ultra-larga, approvata dal Comitato interministeriale per la Trasformazione Digitale lo scorso luglio e presentata al CDM.