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Butti "Più ricercatori e campioni nazionali. L'AI parlerà italiano

Il sottosegretario sul nuovo piano del governo

Data 12 marzo 2024
Fonte

La Repubblica

Argomenti Intelligenza artificiale

«Vogliamo che l'Italia non si limiti ad usare l'Intelligenza artificiale, ma la faccia». Obiettivo ambizioso, quello del sottosegretario con delega all'Innovazione Alessio Butti. Ora la strategia nazionale sull'AI è pronta, sul tavolo della presidente del Consiglio Meloni per le valutazioni del caso. E dalle proposte di quel documento, scritto da un comitato di accademici, il governo attingerà per un disegno di legge «da approvare entro fine mese». Butti ne anticipa i contenuti, alla vigilia del convegno che riunisce a Roma i protagonisti dell'AI italiana e in vista del G7 dei ministri del digitale, venerdì a Trento: un piano di assunzione di ricercatori, la creazione un fondo di investimento in startup gestito da Cdp. «Come Francia e Germania, anche l'Italia avrà dei campioni dell'AI» capaci di competere con quelli americani, assicura, declinando nel mondo degli algoritmi il sovrani smo del governo.

Qual è l'obiettivo della strategia?

«L'Italia usa e userà molto l'AI e dobbiamo fare in modo che questo non avvenga solo adottando soluzioni realizzate all'estero, che contribuiscono al Pil di altri Paesi e creano a noi problemi di "lock-in", cioè di dipendenza. Il contrario può avvenire solo attraverso una strategia che supporti l'ecosistema innovativo, assicurando che le nostre aziende meritevoli vengano finanziate. Ne va della nostra competitività».

Ma le nostre aziende usano migliaia di prodotti digitali stranieri con soddisfazione, perché sono i migliori. Perché con l'Al dovrebbe essere diverso?

«Per prima cosa è un tema strategico: autorità italiane e meglio è. E poi c'è una questione di valorizzazione delle competenze: perché dipendere dal mercato straniero se l'AI possiamo farcela in casa? Dobbiamo fare in modo che le nostre imprese lavorino su nostre idee, prodotte dai nostri ricercatori nelle nostre università».

*Possiamo farcela in casa? Rispetto agli altri big europei i ricercatori in Ai in Italia sono pochi, così come le risorse investite... *

*«Vogliamo rafforzare la ricerca attraverso la ritenzione e l'attrazione dei talenti. Ci sarà un programma di reclutamento straordinario di ricercatori, anche attraverso progetti e risorse del Pnrr, talenti che poi andranno messi in relazione con il tessuto universitario e quello imprenditoriale». *

Quanti?

«Non mi sbilancio. Dipenderà dalle risorse disponibili».

C'è il piano ma non le risorse? Le grandi potenze stanziano miliardi sull'AI...

«Stiamo costituendo un fondo di venture capital gestito da Cassa depositi e prestiti che, compreso l'effetto moltiplicatore, avrà una dotazione trai 600 e gli 800 milioni di euro. Alcuni dicono che è poco, ma meglio poco che nulla: quella cifra in Europa ci mette subito dopo Francia e Germania. Per il resto delle risorse sono in corso valutazioni, sempre con Cdp studiamo ipotesi come creare una fondazione pubblica ma aperta ai privati».

Sia in Francia che in Germania crescono campioni dei grandi modelli linguistici con l'ambizione di sfidare i big americani. È una partita in cui l'Italia può inserirsi, vista l'entità di risorse necessarie?

«Dopo la partnership che ha fatto con Microsoft si è visto che la francese Mistral non è poi così nazionale... In ogni caso in Italia ci sono già aziende che sviluppano modelli linguistici e multimodali e anche noi lavoriamo per avere un campione nazionale, attraverso il sostegno alla ricerca e nuovi finanziamenti».

Dove sarà la regia di questa strategia? Gli esperti propongono che venga coordinata da una fondazione.

«Credo che la regia debba essere politica, stare a Palazzo Chigi, e prevedere un ruolo del Comitato interministeriale per il digitale, il luogo ideale di sintesi. Tutto questo sarà nel disegno di legge».

L'AI Act europeo prevede che ogni Paese si doti di un'autorità di supervisione sull'AI. A chi affiderete il compito?

«Potrebbe essere Agid, che svolge già compiti di valutazione dei prodotti e di sanzione. Altri sostengono debba essere il Garante della privacy o quello della cybersicurezza. In ogni caso dovranno lavorare insieme»