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Siamo digitali

L'intervento del Ministro Colao sul Corriere della Sera

Data 28 febbraio 2022
Argomenti Innovazione

Sentiamo dire spesso che in Italia si fa poca innovazione digitale. Eppure, appena abbiamo annunciato che a Torino si sperimenteranno bus navetta senza guidatore, un altro imprenditore si è fatto avanti per chiederci come può sperimentare robot per la consegna e la vendita di cibo nei quartieri. E quando abbiamo attivato la possibilità per tutti i cittadini di scaricare certificati anagrafici online, ci è stato subito chiesto perché non abolirli del tutto e non connettere semplicemente le basi dati pubbliche. Molti già dicono che il passo successivo è permettere ai cittadini di conservare sul proprio smartphone tutti gli attributi digitali, ad esempio la patente - come abbiamo imparato a fare con il green pass - e di interagire con tutta la pubblica amministrazione digitalmente attraverso una sola piattaforma, come fanno già i 28 milioni di utenti della app IO per alcune comunicazioni e pagamenti. Infine, appena si propongono incentivi all’investimento digitale, le aziende sospettate di esser poco inclini all’innovazione li utilizzano invece a man bassa.

L’impressione quindi è che in realtà la voglia di adottare l’innovazione digitale si manifesti anche in Italia, quando la si porta avanti con proposte concrete, di cui cittadini e aziende percepiscono chiaramente i vantaggi. Il problema, a mio avviso, è che di innovazione si parla tanto nei convegni e nel dibattito pubblico, ma se ne realizza troppo poca e troppo lentamente, mancando di renderne più veloce la sperimentazione e le prime fasi di adozione. Questo ritmo lento scoraggia gli innovatori ed è frustrante per i cittadini.

Occorre rafforzare decisamente il metodo e la cultura del rischio nell’innovazione digitale. Il metodo che abbiamo adottato per la digitalizzazione si basa su tre pilastri: infrastrutture, servizi e innovazione. Nel 2021 ci siamo focalizzati sul primo pilastro, le infrastrutture, sia fisiche sia di competenze. Senza un adeguamento infrastrutturale è difficile digitalizzare e ancor più innovare. Più della metà dei fondi per la transizione digitale presso il ministero dell’Innovazione e della Transizione digitale (Mitd) sono dedicati all’attuazione di nuove infrastrutture digitali. Hanno avuto la precedenza la banda ad alta velocità per famiglie, imprese, scuole e presidi sanitari, il cloud pubblico sicuro, il 5G nelle zone più remote, le competenze digitali per tutti e le semplificazioni normative. In parallelo, abbiamo impostato la digitalizzazione dei servizi, secondo pilastro, per imprese e cittadini e quelli resi dalla pubblica amministrazione, per esempio i servizi di delega digitale, la piattaforma per scambiare attributi personali certificati, l’avvio della sanità digitale e della telemedicina che nel 2022 va a pieno regime. Sempre quest’anno vogliamo diffondere ancor più l’identità digitale - oggi il 43% degli italiani ne ha una - e lanciare la piattaforma per le notifiche digitali: nessuno dovrà più ricevere raccomandate cartacee, fare la coda per inviare risposte con valore legale, pagare allontanandosi da casa. Infine, terzo pilastro, stiamo iniziando a pianificare come incoraggiare e sostenere l’innovazione, sia attraverso progetti pilota come il Mobility as a Service, in sperimentazione in città come Milano, Roma e Napoli, sia attraverso le sandbox - spazi di sperimentazione non regolati - come quello dei driverless bus di Torino.

La sanità digitale è un esempio perfetto di questa sequenza su tre pilastri: abbiamo prima disegnato e proposto a Parlamento e Garante della Privacy un’infrastruttura dedicata per unificare le modalità di raccolta dati sul territorio nazionale; stiamo lavorando ora con le Regioni per omogeneizzare i servizi digitali del fascicolo elettronico del cittadino ed è in uscita l’avviso per i servizi innovativi di telemedicina. Il metodo è in definitiva importante perché senza infrastruttura i servizi non sono né sicuri né scalabili; e senza servizi digitalizzati innovare è costoso e lento. Ma il metodo non basta.

Occorre in Italia affrontare il delicato tema della cultura del rischio dell’innovazione, sia nel privato sia nel pubblico. Per le iniziative del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) stiamo coinvolgendo il settore privato - come partner, fornitori e come co-finanziatori - su molte aree: le reti a banda larga, il cloud, le competenze, le soluzioni di telemedicina, i trasporti sostenibili.

Abbiamo bisogno della cultura della presa di rischio imprenditoriale e finanziario, tipica del privato, che il pubblico difficilmente può assumersi. Tutto questo funziona a due condizioni: la prima è che il privato ci creda realmente: assumendo giovani preparati, pagandoli adeguatamente, allungando gli orizzonti di investimento e soprattutto sostenendo la visione complessiva di infrastrutture, servizi digitali e innovazione che si rinforzano a vicenda. Se così non fosse, rischieremmo che tutto si riduca a una corsa ai sussidi e alle agevolazioni, generando un’innovazione lenta e di basso profilo. La seconda condizione è che anche il pubblico faccia la sua parte, con una maggiore accettazione del rischio che è parte integrante e inevitabile di qualsiasi sperimentazione. Troppo spesso sentiamo ancora obiettare che «le norme non lo permettono», che bisogna eliminare ex ante ogni rischio, invece di attrezzarsi per intervenire rapidamente ex post, sanzionando in modo tempestivo e adeguando i quadri normativi sulla base delle evidenze. In Italia questo approccio è più costoso e lascia meno spazio all’innovazione che in altre nazioni, ma non per questo abbiamo meno frodi e abusi.

Si parla tanto, per esempio, dei rischi dell’Intelligenza Artificiale: e se mettessimo enfasi invece sul suo sviluppo per garantire equità distributiva, cure migliori e più personalizzate, manutenzioni infrastrutturali più tempestive e accurate, un fisco a prova di evasione e quindi più mirato ed equo? Questo è il mio augurio per la nuova iniziativa del Corriere dedicata all’Innovazione: di essere un motore per entrambe le dimensioni. Siate per noi tutti richiamo e sprone a seguire con metodo le iniziative innovative; e fatevi promotori della cultura di presa di rischio del privato e nel pubblico per consentire al nostro Paese di porsi al livello delle nazioni più innovative e coraggiose. Buon lavoro, LogIn!

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