Fondo per la Repubblica Digitale: 30 milioni per i due nuovi bandi
Pubblicati due nuovi bandi del Fondo per la Repubblica Digitale, “In progresso” e “Prospettive”, dedicati rispettivamente ad accrescere le competenze digitali dei lavoratori con mansioni a forte rischio sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica e delle persone disoccupate e inattive.
“Non riusciremo a realizzare nessuna transizione digitale se non saremo capaci di coinvolgere e valorizzare tutto il capitale umano. Non esiste rivoluzione digitale senza le persone. I dati dell’indice DESI ci raccontano un Paese che sul fronte delle competenze deve continuare a crescere. Per questo il Dipartimento per la trasformazione digitale sostiene questa importante iniziativa che mira proprio ad accrescere inclusione e formazione delle categorie più fragili. Grazie ai due nuovi bandi del Fondo per la Repubblica Digitale, per un totale di 30 milioni di euro, investiamo sul futuro del lavoro e delle persone, favorendo lo sviluppo di competenze fondamentali per accelerare la crescita economica del Paese e permettere a tutti di esercitare una piena cittadinanza digitale” commenta il Sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti.
Per Daria Perrotta, Presidente del Comitato di Indirizzo strategico del Fondo per la Repubblica Digitale: «Il Fondo, che persegue una missione strategica per il futuro del Paese, pubblica oggi due nuovi bandi per un totale di 30 milioni di euro da assegnare a beneficio di due universi di destinatari individuati dal Comitato di indirizzo strategico: le persone disoccupate o inattive e i lavoratori con mansioni a forte rischio di sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica. Accrescere e aggiornare le competenze digitali rappresenta sia l’occasione per consentire nuovi ingressi nel mondo del lavoro, sia per sostenere i lavoratori dei settori più interessati dalle trasformazioni digitali».
Per Giovanni Fosti, Presidente del Fondo Repubblica Digitale – Impresa sociale «Investire sul capitale umano per sperimentare, in maniera innovativa rispetto al passato, policy di intervento in favore delle fasce più fragili, significa impegnarsi per il futuro di tutta la società italiana. Crediamo sia importante sostenere il miglior accesso possibile al lavoro per tutti: giovani, donne, lavoratori a rischio. Ringrazio le Fondazioni di origine bancaria che sostengono questo importante progetto nazionale: essere uniti in questo obiettivo significa lavorare affinché la transizione digitale non diventi un’ulteriore forma di esclusione per il futuro del nostro Paese».
Il contesto italiano
In Italia, 26 milioni di persone non hanno competenze digitali di base. Si tratta del 54% della popolazione italiana tra i 16 e i 74 anni, rispetto al 46% della media Ue. L’Italia è così al 18esimo posto su 27, secondo i dati della Commissione europea (Digital Economy and Society Index – DESI). La bassa percentuale di cittadini con competenze digitali è solo la punta dell’iceberg di ritardi più ampi. Il gap italiano è infatti maggiore nei sottocomponenti dell’indice DESI di problem solving skills (69% in Italia vs. 79% in Ue) e di information and literacy skills (71% in Italia vs. 80% in Ue).
I dati mostrano quindi che il fenomeno italiano di basse competenze digitali si innesta in un contesto di mancanza di conoscenze più esteso che comprende abilità cognitive complementari, dette anche soft skills. Questo ritardo produce un impatto sulla reale “cittadinanza digitale”, sull’accesso ai servizi della pubblica amministrazione da parte di tutti i cittadini, sull’adeguamento delle competenze dei lavoratori al mutare delle esigenze del mercato del lavoro e rappresenta un freno allo sviluppo del Paese. Anche per questo, sempre di più, aziende e istituzioni si aspettano che la maggior parte dei loro lavoratori possieda competenze digitali di base e/o avanzate, così da stare al passo con l’innovazione tecnologica, restare competitive sul mercato e favorire migliori condizioni economiche e sociali per le comunità. In questo scenario intende intervenire il Fondo per la Repubblica Digitale.
In progresso
L’Italia è tra i Paesi con il più alto tasso di skill mismatch in Europa: lo skill-gap che ne deriva si traduce nell’incapacità di acquisire, entro i tempi della transizione tecnologica, le stesse abilità complesse che svolgerebbe un robot al nostro posto. Un recente studio dell’Università di Trento conferma che nei prossimi 15 anni la quota di lavoratori e lavoratrici ad alto rischio di rimpiazzo tecnologico si attesterà tra il 33% (7,12 milioni di persone) e il 18% (3,87 milioni), se si considerano rispettivamente le professioni automatizzabili o le singole mansioni. Nel nostro Paese le professioni ad alto rischio di automazione interessano diversi settori: trasporti e logistica, supporto d’ufficio e amministrativo, produzione, servizi e settore della vendita. Tutto ciò rende necessaria un’azione di adeguamento del know-how attraverso azioni di upskilling dei lavoratori, con percorsi di formazione sulle competenze digitali e trasversali per svolgere le loro mansioni in via complementare agli strumenti forniti dall’innovazione tecnologica.
Il bando “In progresso” promuove, per questo, lo sviluppo delle competenze digitali dei lavoratori con mansioni a forte rischio di sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica, al fine di garantire le condizioni di permanenza nel mondo del lavoro e migliori opportunità professionali. C’è tempo fino al 4 agosto, per soggetti pubblici e privati senza scopo di lucro, per partecipare attraverso il portale Re@dy (www.portaleready.it). Il bando prevede un totale di 10 milioni di euro.
Prospettive
Rispetto ai Paesi Ue, l’Italia riporta il più alto tasso di inattività (34,6%): durante il terzo trimestre 2022, più di un terzo della popolazione italiana di età compresa tra i 15 e i 64 anni risultava non occupata o in cerca di occupazione, contro il valore medio Ue pari al 23,6%. Inoltre, secondo i dati OCSE, il tasso di disoccupazione del nostro Paese è del 7,9%, superiore di quasi due punti percentuali rispetto alla media europea (6,1%). Le persone tra i 34 e i 50 anni risultano essere quelle maggiormente colpite dal fenomeno e tra loro si concentra la quota più alta di disoccupati di lunga durata, cioè coloro che cercano e non trovano un lavoro da più di un anno. Inoltre, secondo il World Economic Forum, in Italia, si stima che tra il 2023 e il 2027 saranno richieste competenze digitali a più di 2 milioni di lavoratori e, secondo uno studio di Deloitte in collaborazione con SWG, quasi un’azienda su quattro non trova i profili professionali STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) di cui ha bisogno. In questo contesto, il Fondo promuove “Prospettive”, il bando dedicato ad accompagnare lo sviluppo delle competenze digitali di donne e uomini ai margini del mercato del lavoro – disoccupate/i e inattive/i, di età compresa fra i 34 e i 50 anni, per offrire loro migliori opportunità e condizioni di inserimento e permanenza nel mondo del lavoro.
C’è tempo fino al 14 luglio per presentare progetti sulla piattaforma Re@dy (www.portaleready.it). Il bando mette a disposizione 20 milioni di euro per sostenere iniziative presentate da soggetti pubblici, privati senza scopo di lucro ed enti del terzo settore.