La rincorsa italiana sull'Intelligenza Artificiale
L'intelligenza artificiale è in cima all'agenda della presidenza italiana del G7. Lo ha ripetuto in diverse occasioni anche la premier Giorgia Meloni, senza nascondere i timori sugli impatti che lo sviluppo di questa tecnologia può avere, soprattutto sul mercato del lavoro. "Il presidente ha espresso una preoccupazione condivisa anche da larga parte degli italiani e della comunità scientifica", dice al Foglio Alessio Butti, sottosegretario di Palazzo Chigi con delega all'Innovazione. E' Butti che ha scelto e nominato i membri del comitato di esperti incaricato di definire la strategia nazionale per VIA che orienterà l'Italia nel dibattito al vertice di giugno. Ed è sempre Butti che ha rappresentato l'Italia a Bruxelles durante le trattative per l'adozione del primo regolamento europeo sull'IA. "Regolamentare è importante e su questo ho personalmente condotto, su mandato della premier, una battaglia in sede europea", racconta il sottosegretario, che sul tema non smentisce l'esistenza di vedute divergenti all'interno dell'esecutivo. Mentre il ministro delle Imprese Adolfo Urso chiedeva con i suoi omologhi di Francia e Germania codici di condotta meno stringenti, Butti lavorava per il documento europeo: "Il tema della deregolamentazione solleva la questione cruciale del bilanciamento tra normative e innovazione: esiste una soglia dove i regolamenti possono essere di ostacolo allo sviluppo innovativo, ma l'Europa si è sempre distinta nel definire quadri normativi che influenzano le politiche globali". Tornando alla strategia italiana in vista del G7, Butti fa sapere che i lavori procedono "in modo proficuo e soprattutto silente", con l'obiettivo di produrre un documento entro la fine di gennaio. "Non ci interessa la visibilità, ma la qualità dell'analisi e della proposta che sarà certamente utile al presidente nell'esercizio di guida del G7". I contenuti della strategia non sono ancora definiti, ma l'aspirazione, dice il sottosegretario, è "evitare gli errori del passato" e "creare una sinergia di abilità imprenditoriali, rispondendo così alla mancanza di un leader industriale italiano nel settore dell'IA". Il ritardo dell'Italia su questo fronte non è un mistero e lo riconosce anche Butti. Mentre le aziende interamente focalizzate sull'IA i cosiddetti campioni digitali sono più di trenta nel Regno Unito e circa una decina sia in Germania che in Francia, l'Italia ne ha zero. Uno svantaggio che il sottosegretario imputa a "errori accumulatisi negli ultimi trent'anni". Eppure, nel 2023 la quota dedicata dall'Italia a ricerca e sviluppo è scesa ulteriormente, toccando quota un per cento del pil, ben al di sotto dell'obiettivo europeo. Il punto ora è come invertire la marcia. "Quello che il governo Meloni sta cercando di fare di- ce Butti è valorizzare le imprese nazionali e le startup. Parlo di vere startup con idee e obiettivi concreti, perché non possiamo sprecare soldi pubblici per realtà che puntano solo a una exit vantaggiosa, magari a favore di un acquirente estero". Una priorità del governo è quindi "sviluppare un ecosistema competitivo, incentivando partenariati tra le aziende italiane". Ma per realizzare obiettivi così ambiziosi servono strategie concrete e, soprattutto, risorse. In confronto ai grossi investimenti pubblici francesi e tedeschi, il modesto fondo di venture capital da 600 milioni annunciato dal sottosegretario qualche mese fa e non ancora disponibile potrebbe non essere sufficiente a sostenere lo sviluppo delle imprese tech. Per questo bisognerà fare delle scelte: "Maneggiare risorse pubbliche come queste, anche se momentaneamente limitate, ci impone di stabilire precise regole di ingaggio. Chi riceverà i soldi pubblici dovrà impegnarsi a non dar luogo a repentine exit, che toglierebbero valore agli sforzi pubblici nel settore", Un ragionamento che si basa sull'idea che le limitate risorse devono creare sviluppo sul mercato italiano e favorire la crescita di campioni nazionali. "Con Cassa depositi e prestiti e Agenzia per la cybersicurezza nazionale intendiamo valorizzare i talenti, per evitare che si rivolgano altrove per soddisfare le loro aspettative di crescita", spiega ancora il sottosegretario, che auspica un aumento dei capitali disponibili rispetto alla cifra indicata e valuta quale ruolo potrebbe avere una Fondazione per la gestione delle risorse. In vista del G7, inoltre, sarà importante superare le criticità che rendono l'Italia poco attrattiva agli occhi degli investitori esteri, i quali spesso rivolgono i loro capitali altrove. Due anni fa è capitato con Intel: un investimento da 4,5 miliardi per produrre microchip andato in fumo. "Qualunque marchio estero fa fatica a investire in Italia per ragioni ben note a tutti da anni, come l'elevato costo del lavoro, la burocrazia e i tempi troppo dilatati della giustizia" ammette Butti. Sarà anche per questo che Elon Musk, il tycoon di Tesla e Space X, visita l'Italia e intrattiene conversazioni con diversi esponenti del governo ma poi investe altrove? "Musk è un imprenditore di successo interessato a conoscere il lavoro che stiamo svolgendo. Le ragioni che facilitano le sue iniziative nel resto d'Europa e rallentano quelle in Italia sono, prevedibilmente, le stesse che ho appena citato".